Le manifestazioni in Brasile
sono nate per protestare contro 20 centesimi di aumento sulle tariffe dei
trasporti pubblici. Soltanto per 20 centesimi? È chiaro... il problema è più
profondo e si radica nella dimensione ormai sempre più insostenibile della
negazione dei diritti e dell’inaccessibilità ai beni “pubblici”: educazione,
salute, trasporti, lavoro. Devo dire che è emozionante constatare come un
movimento di quest'ampiezza metta nella sua agenda tra le priorità proprio
l’educazione. Educazione pubblica e democratica: il più grande investimento che
un Paese possa fare. Sarebbe ora di cominciare a parlarne anche in Italia.
Eppure, non ci sono sindacati
di professori a dirigere il movimento, né gruppi organizzati dai partiti. La
mobilizzazione è assolutamente al di fuori di questi interessi. E qui, a mio
avviso, si gioca la crescita del movimento: forse anche la sua incertezza.
Intanto, gli Enti locali
revocano gli aumenti sui trasporti pubblici e la presidente Dilma, del Partito
dei Lavoratori, con un passato di militanza contro la dittatura militare,
promette investimenti su educazione e sistema di salute, oltre che una riforma politica che dovrebbe
essere votata mediante il plebiscito popolare.
Qualcosa si muove: la
pressione popolare si fa sentire eppure è
molto singolare apprendere che nella pagina on-line del giornale “Il Mattino”
la notizia sulle manifestazioni in Brasile del 23 Giugno si limita a tale
Carlinha che, circa dieci anni fa, utilizzò lo stratagemma di dipingere il
sedere per mostrare il suo malcontento[1][1].
Non si può negare che la
strategia mediatica del gossip, dell’anedotto, del folclore, contribuisca
nell’opinione pubblica a destabilizzare il significato complesso e organico
delle rivendicazioni di un movimento: a ridurre il tutto a un sedere dipinto.
D'altra parte, ci sono
strategie, anche efficaci, rispetto alle quali bisogna stare con gli occhi ben
aperti: la strategia (terapia) della tensione è storicamente utile a rimuovere
le rivendicazioni sociali dei movimenti e disgregarne il tessuto politico. Fonti
della polizia civile hanno confermato che una parte dei manifestanti violenti a
Rio de Janeiro erano ex trafficanti di droga delle favelas cosiddette
pacificate. Con tutto il rispetto per gli ex trafficanti, dubito che il loro
interesse fosse realmente a favore dei manifestanti. Magari c’è l’interesse di
quacun’altro a mascherarli. Non si può negare che, affianco agli
ex-trafficanti, si aggregano ragazzini dotati di una certa ingenuità che
scambiano la vita per un video-gioco e il cui primo obiettivo è rompere
tutto... fino al game-over. E poi piccole fazioni che ideologicamente pensano
che la violenza contro simboli del capitalismo possa davvero essere decisiva
per la protesta.
Si parla di scontri, feriti,
violenza, scenari di guerriglia urbana. Ci risiamo: questi elementi sono utili
al potere repressivo per deviare il movimento. Sono tattiche di guerra
mediatica: per stimolare lo scontro e poi spostare l’attenzione su altri temi.
Continuando la rassegna stampa
on-line, riporto il tag con le parole chiave di un articolo de “La Repubblica”
sulla situazione della Confederations Cup in Brasile. Ecco le parole:
Confederations cup, Brasile, incidenti, cortei, striscioni, lacrimogeni, idranti, gas urticanti, proiettili di gomma, sondaggio, Italia, Giappone, Messico[2][2].
Bene ... una parola su 13 dice “cortei” e il resto? Mancano “educazione”,
“politica”, “movimenti”, “popolo” e tante altre. Come mai? Forse non
interessano alla massa?
Considerando "la
strategia della violenza", la “non-violenza” oltre che essere una scelta
etica, può diventare una contro-strategia. Non significa fingere che la
violenza non esista. Non vuol dire neanche abbandonarsi a un pacifismo
a-critico. Non-violenza significa anzitutto problematizzare la violenza,
capirne storicamente le radici e le conseguenze, decifrare che relazioni ha con
il sistema economico, come ne fa uso la repressione e il sensazionalismo
mediatico, per poi presentare una strategia antagonista, che non cada in questo
"set" montato per trasformare tutto in una macchina da guerra...
Nei prossimi giorni il blog
ospiterà un dibattito interattivo sul tema mediante vari contributi dal Brasile
e dall’Italia e, speriamo anche da altri Paesi, con l’obiettivo di approfondire
democraticamente la questione del Capitalismo dei Movimenti Politici e della
Violenza Sociale (anche e soprattutto mediatica)...
Intanto, mentre vi scrivo,
gruppi di persone si assiepano vicino una banca e, accartocciati nelle coperte,
dormono su materassi improvvisati. È un urlo di dolore: il fenomeno di chi vive
per strada, così diffuso e doloroso in Brasile... fenomeno a cui Blatter e la
sua band non devono aver fatto caso.
Buonanotte.
[1][1]http://www.ilmattino.it/primopiano/esteri/brasile_sfid_il_potere_con_il_sedere_dipinto_12_anni_dopo_carlinha_torna_in_piazza/notizie/295840.shtml
[2][2]http://www.repubblica.it/esteri/2013/06/23/news/brasile_ancora_proteste_e_scontri_stadi_assediati_dai_dimostranti-61674529/?ref=HREC2-8
Manifestazione pacifica a Rio de Janeiro |
Il contrasto con piccoli gruppi che istigano alla violenza. |