mercoledì 26 giugno 2013

La “non”violenza come strategia politica



 Le manifestazioni in Brasile sono nate per protestare contro 20 centesimi di aumento sulle tariffe dei trasporti pubblici. Soltanto per 20 centesimi? È chiaro... il problema è più profondo e si radica nella dimensione ormai sempre più insostenibile della negazione dei diritti e dell’inaccessibilità ai beni “pubblici”: educazione, salute, trasporti, lavoro. Devo dire che è emozionante constatare come un movimento di quest'ampiezza metta nella sua agenda tra le priorità proprio l’educazione. Educazione pubblica e democratica: il più grande investimento che un Paese possa fare. Sarebbe ora di cominciare a parlarne anche in Italia.

Eppure, non ci sono sindacati di professori a dirigere il movimento, né gruppi organizzati dai partiti. La mobilizzazione è assolutamente al di fuori di questi interessi. E qui, a mio avviso, si gioca la crescita del movimento: forse anche la sua incertezza.
Intanto, gli Enti locali revocano gli aumenti sui trasporti pubblici e la presidente Dilma, del Partito dei Lavoratori, con un passato di militanza contro la dittatura militare, promette investimenti su educazione e sistema di salute, oltre che una riforma politica che dovrebbe essere votata mediante il plebiscito popolare.

Qualcosa si muove: la pressione popolare si fa sentire eppure è molto singolare apprendere che nella pagina on-line del giornale “Il Mattino” la notizia sulle manifestazioni in Brasile del 23 Giugno si limita a tale Carlinha che, circa dieci anni fa, utilizzò lo stratagemma di dipingere il sedere per mostrare il suo malcontento[1][1].  
Non si può negare che la strategia mediatica del gossip, dell’anedotto, del folclore, contribuisca nell’opinione pubblica a destabilizzare il significato complesso e organico delle rivendicazioni di un movimento: a ridurre il tutto a un sedere dipinto.  

D'altra parte, ci sono strategie, anche efficaci, rispetto alle quali bisogna stare con gli occhi ben aperti: la strategia (terapia) della tensione è storicamente utile a rimuovere le rivendicazioni sociali dei movimenti e disgregarne il tessuto politico. Fonti della polizia civile hanno confermato che una parte dei manifestanti violenti a Rio de Janeiro erano ex trafficanti di droga delle favelas cosiddette pacificate. Con tutto il rispetto per gli ex trafficanti, dubito che il loro interesse fosse realmente a favore dei manifestanti. Magari c’è l’interesse di quacun’altro a mascherarli. Non si può negare che, affianco agli ex-trafficanti, si aggregano ragazzini dotati di una certa ingenuità che scambiano la vita per un video-gioco e il cui primo obiettivo è rompere tutto... fino al game-over. E poi piccole fazioni che ideologicamente pensano che la violenza contro simboli del capitalismo possa davvero essere decisiva per la protesta.

Si parla di scontri, feriti, violenza, scenari di guerriglia urbana. Ci risiamo: questi elementi sono utili al potere repressivo per deviare il movimento. Sono tattiche di guerra mediatica: per stimolare lo scontro e poi spostare l’attenzione su altri temi.
Continuando la rassegna stampa on-line, riporto il tag con le parole chiave di un articolo de “La Repubblica” sulla situazione della Confederations Cup in Brasile. Ecco le parole:
Confederations cup Brasile incidenti cortei striscioni lacrimogeni idranti gas urticanti proiettili di gomma sondaggio Italia Giappone Messico[2][2]. Bene ... una parola su 13 dice “cortei” e il resto? Mancano “educazione”, “politica”, “movimenti”, “popolo” e tante altre. Come mai? Forse non interessano alla massa?

Considerando "la strategia della violenza", la “non-violenza” oltre che essere una scelta etica, può diventare una contro-strategia. Non significa fingere che la violenza non esista. Non vuol dire neanche abbandonarsi a un pacifismo a-critico. Non-violenza significa anzitutto problematizzare la violenza, capirne storicamente le radici e le conseguenze, decifrare che relazioni ha con il sistema economico, come ne fa uso la repressione e il sensazionalismo mediatico, per poi presentare una strategia antagonista, che non cada in questo "set" montato per trasformare tutto in una macchina da guerra...

Nei prossimi giorni il blog ospiterà un dibattito interattivo sul tema mediante vari contributi dal Brasile e dall’Italia e, speriamo anche da altri Paesi, con l’obiettivo di approfondire democraticamente la questione del Capitalismo dei Movimenti Politici e della Violenza Sociale (anche e soprattutto mediatica)...

Intanto, mentre vi scrivo, gruppi di persone si assiepano vicino una banca e, accartocciati nelle coperte, dormono su materassi improvvisati. È un urlo di dolore: il fenomeno di chi vive per strada, così diffuso e doloroso in Brasile... fenomeno a cui Blatter e la sua band non devono aver fatto caso. 

Buonanotte.


[1][1]http://www.ilmattino.it/primopiano/esteri/brasile_sfid_il_potere_con_il_sedere_dipinto_12_anni_dopo_carlinha_torna_in_piazza/notizie/295840.shtml

[2][2]http://www.repubblica.it/esteri/2013/06/23/news/brasile_ancora_proteste_e_scontri_stadi_assediati_dai_dimostranti-61674529/?ref=HREC2-8

 

Manifestazione pacifica a Rio de Janeiro

 

Il contrasto con piccoli gruppi che istigano alla violenza.

 

lunedì 24 giugno 2013

O vomito do capitalismo


O capitalismo tem atraído financiamentos, ilusões de riqueza e felicidade, montanhas de dinheiro acumuladas nas mãos de poucos invisíveis, dor e precariedade na vida e nas pernas de outros invisíveis ... muitos ... cada vez mais. O capitalismo nos deslumbrou com grandes shows, com o ritmo circense do entretenimento a todo o custo, o que não diverte mais ninguém, a menos que não se finge descaradamente. O capitalismo nos enganou com uma abundância de shoppings, centros comerciais, com o desejo de possuir, de aparecer, para perder inexoravelmente o nosso ser. Depois ele nos oprimiu, na verdade tem oprimido desde o começo, mas percebemos isso tarde, e perdidos no turbilhão das ficções, muitas vezes fingimos que não seja assim. As manifestações no Brasil estão levando milhões de pessoas nas ruas e nas praças. Atenção: o Brasil não está em crise econômica, mas em fase crescente. O que é crescimento? Crescimento do capital, de especulação financeira, de grandes investimentos que irresponsavelmente deixam de fora áreas públicas: educação, hospitais, trabalho, transporte. Ou melhor, essas áreas são vendidas gradualmente para os interesses do capital que, sem escrúpulos, quer engolir tudo para engordar mais e mais lucro. Quem somos nós? Professores, estudantes, trabalhadores? Quem somos nós ... que confluímos e nos encontramos nas ruas das principais cidades para manifestar sem partido, sem bandeiras, sem siglas? Aquilo que o capitalismo não conseguiu engolir. Ou melhor, algo que não digeriu: a solidariedade, a felicidade, a humanidade, a esperança, o desejo de mudança, a intolerância com a proliferação de bancos, a insustentabilidade do "cheiro" dos fast-food. Ele não digeriu ..., sentado em seu comando sofá-cama mandando que as emissoras de televisão transmitam apenas os confrontos com a polícia "foquem as câmeras na fumaça, nas “bombas morais”, nas uniformes da polícia, colocá-los lá como peões para uma tabuleiro e depois lancem a jogada vencedora ... que è o choque. Mas, narrem isso com efeitos especiais para que as pessoas fiquem coladas nas telas da televisão. Insiram vozes preocupadas, assustadas e ansiosas para contar cada pequeno movimento deste confronto: sim ... um comentário ... como se fosse um jogo de futebol, uma final da Copa do Mundo ... quem avança e quem se retira, o atacante e o defensor. Reduzimos tudo a um conflito de fumaça, sensacional entre pessoas com e sem uniforme ... manequins! " Sim ... mas as pessoas não pararam ... manequins não somos mais ... não seremos mais. Desta vez as pessoas continuaram a ir para as ruas, para cantar, para olhar-se nos olhos e olhar nos olhos a intolerância com um sistema que nos não faz felizes, para olhar nos olhos de uma esperança comum, de futuro, de felicidade e de solidariedade. As pessoas se multiplicaram e abandonaram os próprios sofás. A população brasileira que, muitas vazes sofreu controle social através duma das suas maiores paixões ... o futebol, está olhando o futebol de maneira diferente, não só diversão e espetáculo, mas também risco de especulação, desperdício, interesses. Do Brasil e da Turquia, dois países em "crescimento econômico", provêm os ventos da protesta, porque esse crescimento gera insatisfação, frustração: assim não cresce a cultura, não cresce a solidariedade, e não cresce nossa condição humana.

giovedì 20 giugno 2013

IL VOMITO DEL CAPITALISMO


 IL VOMITO DEL CAPITALISMO


Il capitalismo ha attratto finanziamenti, illusioni di ricchezza e felicità, montagne di denaro accumulate nelle mani di pochi invisibili, dolore e precarietà nella vita e nelle gambe di altri invisibili... molti ... sempre di più. Il capitalismo ci ha abbagliato con i grandi spettacoli, con il ritmo circense dell'intrattenimento a tutti i costi, che non diverte più nessuno, a meno che non si finga spudoratamente. Il capitalismo ci ha ingannato con l'abbondanza dei grandi centri commerciali, con l'impulso del possedere, dell'apparire per perdere inesorabilmente il nostro essere.
 
Poi ci ha oppresso, anzi ci ha oppresso da subito, ma ce ne siamo accorti tardi e, persi nella girandola delle fiction, spesso fingiamo che non sia così.
Le manifestazioni in Brasile nell'ultima settimana hanno portato in piazza milioni di persone. Attenzione: il Brasile non è in crisi economica, ma in costante crescita. Quale crescita? Crescita di capitali, di speculazioni finanziare, di grandi investimenti che tralasciano e trascurano irresponsabilmente gli spazi pubblici: educazione, ospedali, lavoro, trasporti sono venduti progressivamente agli interessi di un capitale senza scrupoli che vuole inghiottire tutto per ingrassare sempre di più il lucro.

Chi siamo noi? Professori, studenti, lavoratori? Il vomito di questo grasso mostro. Chi siamo noi... che affluiamo e confluiamo nelle strade delle grandi città a manifestare senza partito, senza bandiere, senza sigle? Quello che il capitalismo non è riuscito a inghiottire. O meglio, qualcosa gli è andato di traverso: la solidarietà, l'allegria, l'umanità, la speranza, la voglia di cambiamento, l'intolleranza verso il proliferare delle banche, l'insopportazione dell' "odore" dei fast-food.

Non ci ha digerito... grasso e pardo, seduto nel suo sofà-divano a comandare alle reti televisive di trasmettere solo gli scontri con la polizia: "centrate le telecamere sui fumogeni, sui lacrimogeni, sui lanciafiamme, sulle divise della polizia, metteteli là come pedine di uno schacchiere per poi lanciare la mossa vincente... quella dello scontro. Ma si, raccontatela con effetti speciali che incollano la gente davanti alla televisione. Mettiamo delle voci narranti preoccupate, allarmate ed ansiose a raccontare ogni piccola mossa di questo scontro: una telecronaca... sí come se fosse una partita di calcio, una finale dei mondiali ... chi avanza e chi retrocede, chi attacca e chi si difende, chi si ritira. Riduciamo  tutto a un conflitto fumoso, sensazionale tra persone con e senza divisa...  Manichini!"

Non ci ha fermato.... manichini non lo siamo più ... questa volta nessuno gli ha creduto ... questa volta la gente ha continuato ad andare in piazza, a cantare, a guardarsi negli occhi e cercarsi nell'intolleranza verso un sistema che non ci rende felici e una speranza di felicità condivisa. Ci siamo moltiplicati, abbandonando i divani a loro stessi.
Il popolo brasiliano, storicamente controllato mediante il calcio, la sua più grande passione..., comincia a guardare anche il calcio in modo diverso, non solo spettacolo, ma anche speculazione, diseguaglianza, sprechi e interessi.
 Dal Brasile e la Turchia, due Paesi in "crescita economica", vengono i venti della protesta, perchè questa crescita crea insoddisfazione, frustrazione: non cresce la cultura, non cresce la solidarietà, non cresce la nostra condizione umana.

Per il grasso pardo onnivoro ... dopo quest'indigestione non c'è più ritorno.