giovedì 20 giugno 2013

IL VOMITO DEL CAPITALISMO


 IL VOMITO DEL CAPITALISMO


Il capitalismo ha attratto finanziamenti, illusioni di ricchezza e felicità, montagne di denaro accumulate nelle mani di pochi invisibili, dolore e precarietà nella vita e nelle gambe di altri invisibili... molti ... sempre di più. Il capitalismo ci ha abbagliato con i grandi spettacoli, con il ritmo circense dell'intrattenimento a tutti i costi, che non diverte più nessuno, a meno che non si finga spudoratamente. Il capitalismo ci ha ingannato con l'abbondanza dei grandi centri commerciali, con l'impulso del possedere, dell'apparire per perdere inesorabilmente il nostro essere.
 
Poi ci ha oppresso, anzi ci ha oppresso da subito, ma ce ne siamo accorti tardi e, persi nella girandola delle fiction, spesso fingiamo che non sia così.
Le manifestazioni in Brasile nell'ultima settimana hanno portato in piazza milioni di persone. Attenzione: il Brasile non è in crisi economica, ma in costante crescita. Quale crescita? Crescita di capitali, di speculazioni finanziare, di grandi investimenti che tralasciano e trascurano irresponsabilmente gli spazi pubblici: educazione, ospedali, lavoro, trasporti sono venduti progressivamente agli interessi di un capitale senza scrupoli che vuole inghiottire tutto per ingrassare sempre di più il lucro.

Chi siamo noi? Professori, studenti, lavoratori? Il vomito di questo grasso mostro. Chi siamo noi... che affluiamo e confluiamo nelle strade delle grandi città a manifestare senza partito, senza bandiere, senza sigle? Quello che il capitalismo non è riuscito a inghiottire. O meglio, qualcosa gli è andato di traverso: la solidarietà, l'allegria, l'umanità, la speranza, la voglia di cambiamento, l'intolleranza verso il proliferare delle banche, l'insopportazione dell' "odore" dei fast-food.

Non ci ha digerito... grasso e pardo, seduto nel suo sofà-divano a comandare alle reti televisive di trasmettere solo gli scontri con la polizia: "centrate le telecamere sui fumogeni, sui lacrimogeni, sui lanciafiamme, sulle divise della polizia, metteteli là come pedine di uno schacchiere per poi lanciare la mossa vincente... quella dello scontro. Ma si, raccontatela con effetti speciali che incollano la gente davanti alla televisione. Mettiamo delle voci narranti preoccupate, allarmate ed ansiose a raccontare ogni piccola mossa di questo scontro: una telecronaca... sí come se fosse una partita di calcio, una finale dei mondiali ... chi avanza e chi retrocede, chi attacca e chi si difende, chi si ritira. Riduciamo  tutto a un conflitto fumoso, sensazionale tra persone con e senza divisa...  Manichini!"

Non ci ha fermato.... manichini non lo siamo più ... questa volta nessuno gli ha creduto ... questa volta la gente ha continuato ad andare in piazza, a cantare, a guardarsi negli occhi e cercarsi nell'intolleranza verso un sistema che non ci rende felici e una speranza di felicità condivisa. Ci siamo moltiplicati, abbandonando i divani a loro stessi.
Il popolo brasiliano, storicamente controllato mediante il calcio, la sua più grande passione..., comincia a guardare anche il calcio in modo diverso, non solo spettacolo, ma anche speculazione, diseguaglianza, sprechi e interessi.
 Dal Brasile e la Turchia, due Paesi in "crescita economica", vengono i venti della protesta, perchè questa crescita crea insoddisfazione, frustrazione: non cresce la cultura, non cresce la solidarietà, non cresce la nostra condizione umana.

Per il grasso pardo onnivoro ... dopo quest'indigestione non c'è più ritorno.


 



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